Troppo spesso, nel mio lavoro, incontro imprenditori convinti che rateizzare le imposte sia un modo legittimo, persino strategico, per “gestire la liquidità” aziendale. Una convinzione errata, che ora viene definitivamente smentita anche dalla Cassazione con l’ordinanza n. 22005 del 30 luglio 2025.

Il caso: amministratori responsabili per danni
Nel caso esaminato, la Cassazione è intervenuta su una situazione tristemente comune: la società aveva accumulato, negli anni, debiti fiscali consistenti, poi oggetto di rateizzazione. I giudici di merito avevano escluso la responsabilità degli amministratori sulla base del fatto che le rate venivano pagate regolarmente e che il differimento era una scelta “consentita”.
La Suprema Corte ribalta questa impostazione: non è ammissibile posticipare sistematicamente il pagamento dei tributi per far fronte ad altre spese. È una violazione di legge, non una scelta gestoria. Non solo: questo comportamento, definito “autofinanziamento illecito”, è anche fonte di responsabilità patrimoniale verso i creditori.
Rateizzare non è una soluzione, è un sintomo
Questa sentenza è dirompente perché chiarisce un punto essenziale che molti imprenditori (e a volte consulenti) ignorano:
La business judgment rule non copre gli illeciti, fiscali o meno.
Se una società usa il fisco come “banca”, smette di essere un’impresa regolare. Non è sufficiente dire “pagherò con la rateizzazione”: la legge prevede che le imposte vadano versate nei termini e che la rateizzazione è una misura eccezionale, non un piano ordinario.
Le responsabilità: amministratori e danno erariale
La Cassazione ricorda che:
- il mancato pagamento delle imposte configura una violazione grave, sanzionabile anche penalmente in alcuni casi;
- non esiste alcuna scriminante automatica legata alla “temporanea crisi di liquidità”;
- il danno da sanzioni e interessi causati dal ritardo è risarcibile e imputabile agli amministratori, anche se non più in carica al momento del default.
Questo punto è fondamentale: non è il fallimento a dover provare la colpa, ma sono gli ex amministratori a dover dimostrare di aver agito con diligenza.
Che cosa devono capire gli imprenditori
Questa sentenza è un messaggio forte e chiaro:
Gestire la liquidità con il mancato versamento delle imposte è illecito, non legittimo.
Non è un modo per “tirare avanti”, ma un modo per scavare un buco patrimoniale e mettere a rischio i creditori, i dipendenti, e l’intero sistema economico.
Cosa abbiamo capito?
Non dobbiamo più accettare l’idea che “pagare tardi è normale”. La Cassazione ci dice, con chiarezza, che un’impresa in salute è quella che rispetta il fisco, e che l’amministratore diligente è quello che trova soluzioni legittime, non scorciatoie.
Una riflessione personale: il ricorso alla rateazione è lecito, ma deve restare un’eccezione, non una prassi consolidata. Se un’impresa arriva sistematicamente a posticipare i pagamenti fiscali, non siamo davanti a gestione oculate della liquidità, ma a una forma di finanziamento che la Cassazione lo ritiene irregolare.
In questo caso, è ancor più evidente perché la Cassazione abbia parlato di illecito: la società disponeva addirittura di immobili, quindi asset da valorizzare c’erano. Il problema, dunque, non era solo la liquidità, ma la volontà di evitare le scelte più difficili — come ricapitalizzare o dismettere — a favore della scorciatoia fiscale.
Questo è il tipo di comportamento che l’ordinamento non tollera più.